Avere un pregiudizio positivo su ogni bambino ed ogni ragazzo, questo è l’approccio ma anche l’essenza del progetto Laureus.
Al di là della storia personale e del momento che ogni singolo ragazzo che ci viene affidato sta vivendo, siamo convinti che, fornirgli un’opportunità perché possa emergere il buono ed il positivo riposto in lui, sia un opera possibile e necessaria di cui ci assumiamo la responsabilità.
Questo è il nostro carisma.
Costruire una zattera sui cui far salire i ragazzi per affrontare le sfide dell’esistenza, che per noi vuol dire mettere a disposizione dei giovani un’attività sportiva fruibile e di qualità.
La nostra zattera si chiama squadra.
Il progetto Laureus vuole costruire delle squadre , dentro le quali far avvenire dei percorsi e dei processi positivi e comunque evolutivi.
Detta in altre parole, ogni contenuto necessita di un contenitore dotato di determinate caratteristiche per crescere e progredire e diventare uno stile di vita.
Laureus vorrebbe quindi mettere a disposizione un luogo, un’organizzazione, un personale appassionato e competente per agganciare attraverso un’esperienza sportiva intensa, il positivo di cui ogni essere umano è dotato.
Le parole che rimbalzano continuamente nei nostri allenamenti sono: ce la puoi fare, non mollare, stai andando meglio, facciamo fatica insieme e ce la faremo, mi interessi tu, non uno più bravo di te, cercheremo di vincere dentro le regole del gioco, stiamo andando meglio, abbiamo fiducia dei tuoi piccoli passi.
Questo è il linguaggio Laureus, condito con un abbondante dose di sudore di fatica e di pazienza.
Mark è un bambino di sette anni, è già considerato uno scarso a scuola, ha una famiglia destrutturata, un’associazione si occupa di integrare i suoi percorsi educativi.
Gioca a minibasket nel progetto Laureus. Non sopporta la più piccola frustrazione.
Ad ogni contrarietà, mette le braccia conserte, esce dal campo con degli occhi lividi di rabbia e dice che non giocherà più.
Perché così irascibile, c’è stato forse un torto antico? Quale ferita rende insopportabile ogni delusione?
Non lo sappiamo.
Nonostante la storia del bambino sia comunque di interesse per noi operatori, il problema non è quello di “psicologizzare” il ragazzo, ma di proporre delle esperienze capaci di intercettare la sua vicenda.
Viene proposto un gioco, si chiama record.
Si tira da vicino, ed i bambini possono tirare fino a che segnano. Tutti gli altri contano il numero dei canestri consecutivi fatti.
È il turno di Mark.
Tira e sbaglia. Zero grida qualcuno da dietro.
Lui arrossisce e attua la sua strategia difensiva.
Si scaglia in modo violento contro chi ha detto del suo errore, cerca di picchiarlo. L’allenatore lo ferma e lo chiama a sé in disparte.
Lo costringe a riferirsi su un piano di realtà.
Lui si arrabbia e dice che ha sbagliato perché è stato deriso.
L’allenatore gli fa notare che i piedi non erano ben allineati, la mano era messa male sul pallone.
Se farai così vedrai che andrà meglio. Hai una mano molto buona gli dice il suo allenatore, torna in fila e riprova.
Lo convince, è di nuovo il suo turno.
Tira e segna, uno gridano i bimbi, due, secondo successo. I bambini rumoreggiano.
L’allenatore invita Mark a stare concentrato sui piedi e sulla mano. Lui strizza gli occhi, come se volesse resistere ad una forza che lo porta altrove.
Segna ancora, poi ancora, fino a sette. Il suo sorriso e la luce dei suoi occhi, sono come una stella nel buio della sfiducia.
Poi qualche bambino farà meglio, ma non importa.
Alla fine dell’allenamento, l’allenatore come rituale di chiusura dell’incontro, chiama sempre a sé tutti i bambini.
Chiede loro di mettere le mani le une sulle altre e domanda al gruppo: “, cosa è successo di importante oggi?”
Mark prende la parola e dice letteralmente: “ maestro, anche se sono uno scarso a scuola io sono un bravo bambino e diventeremo fortissimi ”.
Tutti urlano SI. E le mani volano verso il cielo.
Quanto varrà questo fatto nello svolgersi della vita di Mark.
Difficile saperlo oggi. Con buona provabilità avrà un senso costruttivo se avrà continuità e conferme nel tempo.
Ma nel frattempo ha aperto una breccia in una storia plumbea e non è poco.
Questo è Laureus : accendere delle luci nelle notti tetre di alcune giovani vite.
Non da soli però, sarebbe una tentazione diabolica.
I progetti più interessanti implicano un lavoro di rete dove competenze, cuori teste e mani condividono la nostra stessa preoccupazione: che ogni essere umano possa avere l’occasione, trovare quell’alleanza per diventare quel che è e non quel che le vicende a volte sfortunate della storia individuale siano la tomba di ogni speranza.