Limpido come l’acqua, leggero e furtivo come un ghepardo, violento come un uragano, forte come una roccia, fragile come un cristallo. Tante sono le contraddizioni che anticipano il piccolo Idris sul campo di basket della scuola elementare Tommaso Grossi, a Milano. Il suo cuore è rimasto in Egitto con la meravigliosa nonna che lo ha cresciuto fino ai sei anni. Poi Idris è arrivato in Italia, arrabbiato e confuso, con un papà giovane e affaticato da diversi lavori e responsabilità e una mamma fantasma, distaccata e anaffettiva. Idris, racconta la sua maestra, il primo anno di scuola non rideva mai, era cupo e silenzioso, poi inaspettatamente diventava violento con i compagni e con le maestre, senza un apparente motivo, una violenza implacabile che poteva distruggere tutto, forse la protesta silenziosa di aver perso l’unica persona che per lui aveva tempo e parole tenere.
Ai primi di maggio, in occasione della Festa della Mamma, Idris ha messo nero su bianco le sue prime parole in italiano, erano parole per la sua nonna, poche parole di disperata nostalgia. Per le insegnanti è stato difficile creare un rapporto di fiducia con un bambino ferito, con sbalzi di umore frequenti e di difficile gestione. Idris ha sempre comunicato meglio con il suo corpo, le sue doti motorie erano notevoli sia che scappasse in corridoio sia che corresse durante l’ora di motricità. Il suo modo di muoversi, così come i suoi sguardi e le sue prime parole in italiano, è sempre stato sfrecciante ma indomabile.
Idris è cresciuto, ha imparato le regole della classe, ha imparato la lingua per comunicare la quiete e la tempesta che lo attraversavano: ma trovare degli amici con i suoi repentini slanci di amore e di odio sembrava impossibile. Una carezza era seguita da un pugno senza apparente motivazione. Idris era temuto da tutti. Un giorno una visita medica ha svelato il segreto delle contraddizioni del piccolo: gravi problemi di ipertiroidismo dalla nascita, mai curati, e la sua tiroide per qualche strano motivo genera in lui sbalzi umorali di origine chimica. Come gestire il piccolo Idris al di là della terapia? Come aiutarlo a trovare il suo posto nel mondo? Le maestre hanno così pensato di proporre a Idris l’incontro con Laureus e il progetto minibasket per trovare gratificazioni che superassero la triste consapevolezza di non poter controllare qualcosa che portava dentro di sé. I primi allenamenti con Idris si potevano paragonare ad un giro sulle montagne russe… la sua violenza intrecciata di tenerezza, la sua purezza e la sua incapacità di mentire o di scendere a compromessi gli ha reso i rapporti con i compagni di squadra difficili, ogni sconfitta ogni errore era un uragano che il suo piccolo corpo non poteva contenere, e il contatto di un compagno o di un allenatore era desiderato ma temuto. Idris è stato comunque accolto e valorizzato per quello che sapeva fare, la sua bravura è stata coltivata dagli allenatori, la sua rabbia è stata trasformata in un’energia da leader, e il bimbo è divenuto il custode delle regole della palestra e dello stare insieme. Corre come un fulmine, vola a canestro, aiuta i compagni che sono in difficoltà: con la palla da basket tra le mani si sente forte, capace di controllare un tiro o un passaggio, paladino dello sport, le sue tempeste si liberano in una corsa da un’area all’altra del campo, e la quiete si palesa ad ogni pacca sulla spalla dell’allenatore.
Idris quando si allena ride di gusto, ha trovato un posto in cui poter sfrecciare. Con Laureus è stato tutto più chiaro, nel pugno di Idris si nascondeva un’indomabile dolcezza.